domingo, 5 de abril de 2020

Umberto Saba

Ulises

Nella mia giovanezza ho navigato
lungo le coste dalmate. Isolotti
a fior d’onde emergevano, ove raro
un uccello sostava intento a prede,
coperti d’alghe, scivolosi, al sole
belli come smeraldi. Quando l’alta
marea e la notte li annullava, vele
sottovento sbandavano piú al largo,
per fuggirne l’insidia. Oggi il mio regno
e quella terra di nessuno. Il porto
accende ad altri i suoi lumi; me al largo
sospinge ancora il non domato spirito,
e della vita il doloroso amore.

Amore
 
Ti dico addio quando ti cerco Amore,
come il mio tempo e questo grigio vuole.
Oh, in te era l’ombra della terra e il sole,
e il cuore d’un fanciullo senza cuore.

Il vetro rotto

 
Tutto si muove contro te. In maltempo,
le luci che si spengono, la vecchia
casa scossa a una raffica e a te cara
per il male sofferto, le speranze
deluse, qualche bene in lei goduto.
Ti pare il sopravvivere un rifiuto
d’obbedienza alle cose.
                                           
Sera di febbraio

Spunta la luna. 

Nel viale è ancora
giorno, una sera che rapida cala.
Indifferente gioventù s’incontra;
sbanda a povere mete.Ed è il pensiero
della morte, che, in fine, aiuta a vivere.

L’arboscello

Oggi il tempo è di pioggia.
Sembra il giorno una sera,
sembra la primavera
un autunno, ed un gran vento devasta
l’arboscello che sta—e non pare—saldo;
par tra le piante un giovanetto alto
troppo per la sua troppo verde età.
Tu lo guardi. Hai pietà
forse di tutti quei candidi fiori
che la bora gli toglie; e sona frutta,
sono dolci conserve
per l’inverno quei fiori che tra l’erbe
cadono. E se ne duole la tua vasta
maternità.