La memoria è l'anima dell'uomo e della civiltà, fondamento dell'identità individuale e collettiva, senza la quale l'essere umano diventa un guscio vuoto. Con l'età, si recuperano ricordi remoti e la memoria si espande, accrescendo la nostra essenza interiore, rendendoci più consapevoli di noi stessi. Tuttavia, la memoria è selettiva: dimentichiamo ciò che ci turba e conserviamo ciò che ci conforta, talvolta deformandolo. Questo processo è evidente anche nelle dinamiche sociali: i gruppi reazionari riabilitano ricordi convenienti, mentre quelli rivoluzionari tendono a cancellare il passato per costruire un nuovo inizio. La memoria collettiva si manifesta nelle biblioteche, custodi della conoscenza umana, e nella cultura europea, che sopravvive solo attraverso la continua riscoperta delle proprie radici. Dante stesso descrive Dio come un volume che raccoglie tutto ciò che nell'universo si disperde, simboleggiando l'idea della biblioteca universale. La fragilità della memoria è un tema urgente nella modernità, come anticipato da Asimov, che immaginava un mondo dominato dai computer, dove la perdita delle capacità mnemoniche rendeva l'uomo dipendente dalla tecnologia. L'atrofizzazione della memoria minaccia le nuove generazioni, incapaci di trattenere informazioni senza supporti esterni, riducendo la profondità della conoscenza personale. La memoria individuale si compone di ricordi pubblici e privati, ma i secondi sono più vulnerabili alla dimenticanza. Riscoprire la propria storia attraverso frammenti di memoria collettiva è una strategia per ricostruire l’identità personale. Vivere nel tempo implica un movimento costante tra passato e futuro, come sottolineava Heidegger, e la conoscenza si sviluppa grazie all’eredità dei giganti del passato, sulle cui spalle possiamo vedere più lontano.