Federico Fellini, uno dei più grandi registi del cinema italiano, racconta in questa intervista il suo rapporto con il cinema, la creatività e la vita. Descrive Cinecittà come il luogo ideale in cui vivere, dove può inventare mondi e personaggi. La felicità per lui si trova nel processo creativo, nel dirigere gli attori, scegliere i costumi e plasmare la scena. Non crede negli errori, perché spesso si rivelano provvidenziali, e ammira il coraggio, la bontà e una certa fragilità negli uomini. Delle donne, invece, lo affascina la loro femminilità, che considera un mistero insondabile. Fellini riflette sulla sua infanzia, la scuola e l'Italia della sua giovinezza, sottolineando l’importanza dell’immaginazione e della libertà. Confessa di non aver mai lavorato in America perché il cinema per lui non è solo un mestiere, ma un modo di esprimere se stesso, troppo radicato nella sua cultura e nei suoi luoghi. Il disegno è uno strumento fondamentale nel suo processo creativo: schizzare volti, costumi e scenografie lo aiuta a immaginare il film prima ancora di girarlo. Riguardo alla televisione, la considera un limite per il cinema, perché burocratizza la creatività e impone regole che soffocano l'arte. Difende l'autenticità dell’artista e suggerisce ai giovani registi di pensare solo ai loro personaggi, senza farsi influenzare da critici o produttori. La paura più grande per Fellini è il caos, l’incapacità di comunicare e di dare forma ai propri pensieri, un timore che emerge in Prova d'orchestra, film in cui esprime lo smarrimento della società moderna. Interrogato su figure storiche e personaggi letterari, nomina Pipino il Breve, Don Chisciotte, Kafka e Dickens, mentre tra i pittori predilige Matisse e Piero della Francesca. Rifiuta la rigidità della psicanalisi e della critica, preferendo che i suoi film siano vissuti liberamente dallo spettatore. Tra i suoi rimpianti, cita il non aver vissuto in America e il non essere stato più vitale, capace di intervenire con forza nel mondo. Teme la morte, che considera la peggior sventura, e spera di morire nel sonno, sognando di vivere. Conclude con la sua massima preferita: domani, il giorno in cui tutto sarà migliore, il vero motore della sua inesauribile immaginazione.