Pasolini, Medea e il rapporto tra cultura e classe operaia. Il dibattito nasce dal contrasto tra l’intenzione di Pasolini di rivolgersi al popolo e la reale fruibilità del suo cinema da parte della classe operaia. Medea, film denso di simbolismo, mitologia e riflessioni antropologiche, viene interpretato in modi diversi dai partecipanti: alcuni lo apprezzano per il suo valore artistico e per il confronto tra civiltà arcaica e moderna, altri lo criticano per il suo linguaggio complesso e per il costo d’accesso proibitivo per un operaio medio. Il film non risulta immediatamente accessibile al pubblico proletario, sollevando la questione della distanza tra arte d’élite e cultura popolare. Pasolini difende il suo lavoro sostenendo che Medea affronta temi universali e parla anche alle classi subalterne, in particolare attraverso la rappresentazione di una società preindustriale simile a quelle del Terzo Mondo. Alcuni operai, tuttavia, faticano a riconoscersi nel film, considerandolo troppo astratto e distante dalla loro realtà quotidiana fatta di lotta di classe. L’opposizione tra civiltà arcaica e moderna viene letta in chiave politica, con la critica alla razionalizzazione del mondo e alla perdita della dimensione magico-sacrale. Divergono anche le opinioni sulle scelte attoriali: Maria Callas come Medea viene lodata per la sua intensità tragica, mentre la scelta di un attore non professionista per Giasone divide il pubblico tra chi lo trova autentico e chi lo considera inesperto. L’intero dibattito mette in luce la tensione tra arte colta e pubblico popolare, evidenziando il dilemma pasoliniano tra il desiderio di comunicare con il popolo e la difficoltà di farlo attraverso un cinema poetico e complesso.